25
Vignola, P. (2024). Dal pharmakon alla tecnodiversità. Breve genealogia di una
eterogenesi concettuale. Cuestiones de Filosofía, 10 (35), 17-37.
https://doi.org/10.19053/uptc.01235095.v10.n35.2024.17089
proprio per decostruire a sua volta la temporalità autentica del Dasein.
La posta in gioco è fare della materia inorganica organizzata, il cosa, il
fondamento della temporalità autentica, ponendo il ricordo terziario al cuore
dell’analitica esistenziale. In quest’ottica, se il Dasein è gettato nel mondo,
tale mondo gli preesiste, è il suo “già-qui”, come “storicità mondana”
(Weltgeschichtlichkeit), sotto forma di linguaggi, vestigia, documenti e più
in generale “epilogenesi”. Il Dasein, il chi, sarebbe sempre anticipato dal
cosa attraverso la fatticità del ricordo terziario, ed esso può fare proprie,
adottandole, le ritenzioni che eredita dal passato –un passato che non ha
vissuto– solo perché inscritte nello spazio materiale e tecnico del mondo.
Agli occhi di Stiegler, sebbene in Il concetto di tempo fossero presenti tutti
gli elementi per un’analisi della co-costituzione temporale del chi e del
cosa, la rinuncia da parte di Heidegger, verso la ne di Essere e tempo, ad
approfondire il valore ontologico del ricordo terziario per l’accesso alla
Weltgeschichtlichkeit rappresenta l’ennesima forma di rimozione della
tecnica e, parallelamente, del ritardo epimeteico poiché la sua temporalità
è unicamente orientata all’anticipazione prometeica dell’essere-per-la-ne.
Il libro si avvia poi alla conclusione, anche se, trattandosi del primo tomo
di una serie, piuttosto che chiudere il discorso apre la fase di elaborazione
del concetto di ritenzione terziaria, che nei libri successivi nirà per indicare
la forma esteriorizzata e pubblica della memoria. La maturazione di questo
concetto permetterà a Stiegler di sviluppare “una politica della memoria,
che non può che essere un pensiero della tecnica” (Stiegler, 2023, p. 312)
e che in seguito coinciderà con la promozione concettuale del pharmakon e
l’ideazione della farmacologia.
Come anticipato, colpisce il fatto che, sebbene si nutra anche delle analisi
derridiane del Fedro presenti in La farmacia di Platone, in La colpa di Epimeteo
Stiegler, in futuro riconosciuto per la sua prospettiva farmacologica, non menzioni
mai il pharmakon –e questa mancanza si estende anche agli altri due tomi di La
tecnica e il tempo. Una prima ragione risiede nello statuto del pharmakon, che
in Stiegler sarà concettuale, dunque non squisitamente decostruttivo, nonché
politicamente operativo, in quanto immerso nella storia sociale per costruirla
e sovradeterminarla attraverso il processo di grammatizzazione. In Derrida,
invece, il pharmakon della scrittura in quanto indecidibile tra il rimedio e
il veleno per l’anamnesi nonché condizione di possibilità di quest’ultima,
“supplemento d’origine” che apre la questione dell’archi-scrittura, è per
queste stesse caratteristiche l’agente decostruttore del Fedro e, per eetto