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Anticipation and Delay. The Epochs of Technics in Bernard Stieglers
Philosophy
Anticipo e ritardo. Le epoche della tecnica nella losoa di Bernard Stiegler
Sara Baranzoni
Pontical University of Saint Anthony, Italy / University of the Arts of Ecuador
Ponticia Università Antonianum, Italia / Universidad de las Artes del Ecuador
ISSN: 0123-5095 E-ISSN: 2389-9441
Cuestiones de Filosofía Vol. 10 - N° 35, julio - diciembre, año 2024, pp. 59-80
Artículo de Investigación
Resumen
Este escrito explora la teorización de la
técnica propuesta por Bernard Stiegler
(en particular en el primer volumen de
La técnica y el tiempo), que permite
repensarla a través de diversas guras
de anticipación y retraso, en relación
con la temporalidad, el saber y sus
épocas correspondientes. A una primera
parte más teórica, destinada a ilustrar
los distintos pasos de la concepción
de una “tecnicidad originaria” y a la
propuesta por Stiegler, le seguirá una
breve mención de la “sintomatología”
de la sociedad contemporánea que él
mismo propone, para luego concluir
con una apertura “farmacológica”,
orientada al tratamiento terapéutico de
esos síntomas de malestar colectivos.
De esta manera se verá cómo, según
Stiegler, sólo poniendo el pensamiento
técnico al servicio de la comprensión y
de la distribución del tiempo, ante todo
como tiempo de los saberes, es posible
salir de la parálisis ensordecedora que
caracteriza la dimensión contemporánea
del pensamiento.
Palabras clave: innovación tecnológica, tiempo, saberes, farmacología, anticipación.
Recepción / Received: 29 de enero del 2024
Evaluado / Evaluated: 14 de marzo del 2024
Aprobado / Accepted: 25 de marzo del 2024
Historia del artículo / Article Info:
Correspondencia / Correspondence: Sara Baranzoni.
Universidad de las Artes del Ecuador, Diez de agosto 601,
Guayaquil, Ecuador. (Código Postal: 090312). Correo-e:
sara.baranzoni@uartes.edu.ec
Citación / Citation: Baranzoni, S. (2024). Anticipo e ritardo.
Le epoche della tecnica nella losoa di Bernard Stiegler.
Cuestiones de Filosofía, 10 (35), 59-80.
https://doi.org/10.19053/uptc.01235095.v10.n35.2024.17135
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Abstract
This paper explores Bernard Stieglers theorization of technique
(particularly in the rst volume of Technics and Time), which allows us
to rethink it through various gures of anticipation and delay, in relation
to temporality, knowledge and its corresponding epochs. A rst, more
theoretical part, which aims to illustrate the various stages of the conception
of an “original technicity” proposed by Stiegler, will be followed by a
brief mention of the “symptomatology” of contemporary society that he
himself proposes, and will conclude with a “pharmacological” opening,
oriented towards the therapeutic treatment of these symptoms of collective
malaise. In this way, it will be possible to see how, according to Stiegler,
it is only by placing technical thinking at the service of understanding
and the distribution of time, above all as the time of knowledge, that it
is possible to escape from the deafening paralysis that characterizes the
contemporary dimension of thinking.
Keywords: technological innovations, time, knowledge, pharmacology,
forecasting.
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Baranzoni, S. (2024). Anticipo e ritardo. Le epoche della tecnica nella losoa di Bernard
Stiegler. Cuestiones de Filosofía, 10 (35), 59-80.
https://doi.org/10.19053/uptc.01235095.v10.n35.2024.17135
Introduzione
Qualora dovessimo indicare un tratto distintivo della losoa di Bernard
Stiegler, spesso in modo limitativo etichettata come una losoa della
tecnica, porremmo l’accento sul gioco eterno e processuale, non dialettico
metaforico, tra tendenze contrapposte ma non oppositive. In questo
senso, se la parte conclusiva e più politica del suo pensiero è evidentemente
caratterizzata dalla continua negoziazione tra entropia e neghentropia (o anti-
entropia), n dall’inizio è la coppia ritardo ed anticipazione a costituirne il
perno teoretico. Nei tre volumi pubblicati della serie La tecnica e il tempo
(Stiegler, 2018), opera che a cominciare dal titolo, in un richiamo nemmeno
troppo implicito ad Heidegger, conferisce alla tecnica una relazione
essenziale con la temporalità, il ritardo appare allora innanzitutto come la
colpa di Epimeteo, tema centrale del primo tomo, mentre l’anticipazione, che
dipende da questo stesso ritardo, è prometheia, anche in quanto previsione
e prudenza rispetto al futuro. Se da una parte, aerma Stiegler, è proprio
tale relazione a produrre le dierenze che caratterizzano la vita
1
, ma anche,
come vedremo, a determinare la temporizzazione dell’esistenza, a questa
concezione costitutiva della tensione tra ritardo ed anticipazione viene
prontamente ad aancarsene una organologica, che ha a che vedere con la
relazione continuamente sfasata e in cerca di equilibrio tra gli organi psico-
biologici, gli organi tecnici e le organizzazioni sociali che, secondo Stiegler,
non possono che essere studiati nel loro continuo processo di aggiustamento,
disaggiustamento e riaggiustamento reciproco, ossia, aggiungeremmo,
nella dimensione poliritmica generata dal continuo sfasamento tra velocità,
decisamente lenta quella dell’individuazione dei sistemi psichici e collettivi
umani, estremamente rapida quella dell’evoluzione tecnica.
Una simile prospettiva, sebbene ormai datata, risulta ancora fondamentale se
si vuole comprendere il modo in cui nell’attualità, con l’accelerazione della
tecno-rivoluzione e la crescente onnipresenza delle tecnologie digitali, si è
creata una discrepanza incommensurabile tra la velocità dell’innovazione
tecnologica e la capacità, da parte dei sistemi psichici e delle organizzazioni
1 Una vita che, nel pensiero di Stiegler, non è mai considerata nella sua presunta “purezza”, ma nella
sua evoluzione per rotture e spostamenti, sempre in relazione con ciò che vitale non è, ossia “(…)
come se la vita, tenendo conto delle altre modalità con cui si protrae, fosse una successione di
modalità dei rapporti tra un avanzamento strutturale e un ritardo strutturale, produttori di dierenze
per il gioco di tensioni in cui consistono” (2023, p. 189).
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sociali, di stare al passo di tale divenire. Una discrepanza che ha di fatto
bloccato la capacità istituente –la produzione di saperi all’altezza delle
trasformazioni ma anche di strumenti collettivi capaci di prendersi cura
di esse. In eetti, sebbene in una simile situazione ci si aspetterebbe una
notevole proliferazione di saggi e studi volti ad analizzare e comprendere il
problema, solo in pochi casi il pensiero critico contemporaneo ha provato
ad interpretarla attraverso categorie che collegano tale paralisi istituente
al cambiamento tecnologico e allo sfasamento che ne deriva, lasciando
però quasi sempre sullo sfondo –quando non l’ha decisamente omessa– la
relazione costitutiva che lega l’esperienza della temporalità alla dimensione
tecnica
2
. È come se in questa accelerazione –e nell’aanno di comprendere
come arontarla
3
– ci si accecasse, perdendo di vista proprio il cambiamento
sul piano della temporalità.
In realtà, tale situazione della losoa si potrebbe far risalire a un ritardo
originario nella comprensione della tecnica, una rimozione spesso denunciata
proprio dallo stesso Stiegler: anche quando ha creduto di farsi carico della
questione della tecnica, la losoa non è davvero riuscita ad emanciparsi
dalla metasica, relegando di fatto la tecnica alla funzione di mezzo
4
ed
evitando così la sua assunzione a oggetto di pensiero (Vignola, 2023, pp.
20-21). Interpretare la tecnica in quanto mezzo in vista di altri ni signica
in eetti, in primo luogo, privarla di una causalità interna, attribuendo questa
soltanto all’esecutore, ossia al soggetto che la utilizza, e di conseguenza
aermarne la neutralità, trasferendo ancora una volta ogni tipo di agency
e responsabilità a chi se ne serve. In questo modo, lo studio della tecnica
come tale riesce sempre ad essere surclassato dall’irriducibile priorità della
2 Alcuni importanti tentativi di comprendere le trasformazioni in atto in senso temporale sono stati ad
esempio quello di Brian Massumi (2015), che nel suo Ontopower ha spiegato il ruolo di diversi tipi
di anticipazione nell’esercizio contemporaneo del potere. Possiamo citare anche il lavoro di Luciana
Parisi e Steve Goodman (2005 e 2010, e Parisi, 2017) sulla nanomodulazione della vita attraverso
la correlazione algoritmica. Tali contributi orono interessanti prospettive sul funzionamento dei
meccanismi del potere nelle sue modalità più recenti, ma restano comunque aperti ad un dialogo che
ne complementi il fondamento teorico.
3 I rischi provocati dal rincorrere tale accelerazione anziché comprenderla adeguatamente sono stati
messi in luce in Baranzoni e Vignola (2017).
4 Un’importante eccezione a tale linea di pensiero è rappresentata dallo stesso Heidegger, che, nella
conferenza La questione della tecnica (1976), dichiara come sia sua intenzione andare oltre alle
classiche denizioni strumentali e antropologiche (p. 5). Del resto, come anticipato, è anche a partire
da un dialogo non mimetico con le opere di Heidegger che Stiegler costruisce la sua prospettiva
losoca.
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dimensione umana o da una serie di discorsi morali volti a giudicare la
correttezza o meno di un relazionamento che di fatto procede sempre a senso
unico (è l’umano che si relaziona con la tecnica; è dunque a partire “dall’uso
che ne fa” che si possono distinguere comportamenti buoni o cattivi). Ma
anche qualora considerassimo esatta la comprensione della tecnica come
strumento, ciò non direbbe nulla della sua essenza (Stiegler, 2023, p. 56). Ecco
che il ritardo della losoa diviene allora recidivo, dato che quest’ultima, nel
corso del tempo, si è mostrata come abbiamo detto piuttosto incapace –salvo
rare eccezioni– di riconoscere tale difetto e, di conseguenza, di comprendere
le trasformazioni tecniche in atto. Allo stesso tempo, la losoa ha anche
evitato di confrontarsi con le condizioni tecniche reali del suo farsi, ossia
con i cambiamenti epistemici necessariamente introdotti dalla modicazione
dei supporti della conoscenza, fallendo, in parecchi casi, nel produrre un
pensiero degno del presente.
Ora, il ritardo nella comprensione di tali questioni tecniche non è soltanto
proprio della losoa ma di ogni tipo di sapere, dal momento che, sempre
seguendo la teoria di Stiegler, la formazione e lo sviluppo dei saperi si legano
da sempre ai cambiamenti tecnici, che ne modicano non solo i contenuti,
ma anche le forme e, appunto, le condizioni di (ri)produzione. In un certo
senso, aerma Stiegler, è proprio tale ritardo nella comprensione di ciò che
accade a determinare la crisi presente, una crisi che è innanzitutto del tempo,
e in esso dell’avvenire, mai come oggi percepito in relazione con una sorta
di impossibilità (p. 45): l’impossibilità, appunto, di determinare una nuova
epoca del sapere e della società in risposta all’obsolescenza dei sistemi
precedenti. Per far fronte a tale crisi è dunque necessario un cambiamento
radicale di prospettiva, in primo luogo per non ripetere gli errori strategici
accumulati nel tempo, ma anche per “svecchiare” alcuni concetti e discorsi
che sono sembrati validi in altre circostanze, in quanto pensati in relazione
a problemi e necessità allora attuali ma oggi, sicuramente, mutati. È il caso,
ad esempio, del pensiero di Heidegger: se in eetti molta della losoa di
Stiegler è debitrice, nel suo discorso sulla tecnica, di alcune formulazioni
heideggeriane, non esita certo, allo stesso tempo, nel riutare alcune delle
opposizioni che il losofo tedesco istituisce. In particolare, quella che
vedrebbe una temporalità autentica distinguersi da un tempo tecnologico, e
dunque un soggetto umano (il “chi”) dalla tecnica in quanto oggetto (il cosa”).
Secondo Stiegler, invece, il chi è sempre già anticipato dal cosa, in quanto il
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cosa è capace di allocare un passato non vissuto e pur tanto suo (del chi),
poiché ereditato attraverso i supporti materiali che ne conservano la memoria
e il sapere. Ed è proprio l’inestricabile ambiguità tra chi e cosa a determinare
l’originalità del discorso sulla tecnica di Stiegler, da egli denita, appunto,
“l’invenzione dell’uomo” (p. 177), nonché a costituirne quel punto di forza
che permette di superare le idiosincrasie di altre prospettive teoriche.
Vi è poi una terza dimensione del ritardo e riguarda la diusione
dell’opera di Stiegler in Italia: così come nota Paolo Vignola (2023)
nella sua introduzione alla recente traduzione italiana di La tecnica e il
tempo 1, questa appare molto dopo la pubblicazione in italiano di altre
opere più recenti dello stesso autore, e almeno a un decennio di distanza
dalla traduzione in altre lingue. Nonostante ciò, tale ritardo può costituire
l’occasione necessaria non solo per “approfondire e ricalibrare il percorso
della losoa stiegleriana successiva” (p. 10), ma anche per comprendere
più adeguatamente ed arricchire teoricamente quegli strumenti che
consentono di forgiare un lessico e un discorso all’altezza del presente e dei
problemi che esso pone. L’obiettivo euristico del presente saggio consiste
precisamente nell’abbracciare tale occasione e, perciò, nel ripercorrere la
trama concettuale del rapporto tra anticipo e ritardo proposta nel libro, al
ne di chiarire il rapporto stringente tra elaborazione teoretica e diagnosi
politica all’opera nei testi successivi, considerando che spesso l’urgenza e
la sensazionalità della seconda corre il rischio di mettere in ombra la prima.
Tracceremo allora un attraversamento che permetta di comprendere la
necessità di ripensare la tecnica in relazione con la temporalità, i saperi e le
relative epoche, anche e precisamente per non smarrirsi nel “disorientamento
generalizzato” che trasforma la società in una sclerotica ripetizione di
automatismi tecnici. Una società fondata sulla diseconomia generalizzata,
sull’evasione della responsabilità e su quella che è stata denita “stupidità
sistemica” al governo delle esistenze (Stiegler, 2019, p. 360). Tale stato
di fatto non è però ineluttabile: così, ad una fase sintomatologica, votata
alla comprensione, lettura ed analisi dei sintomi di disagio presentati dalla
società, dagli individui (psichici, collettivi, tecnici) che la compongono
e dalle relazioni che si istituiscono tra di loro, deve seguirne una
farmacologica, volta al ripensamento terapeutico e responsabile di tali
elementi. Vedremo così che, secondo Stiegler, solo rimettendo il pensiero
della tecnica al servizio della comprensione e distribuzione del tempo, in
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Baranzoni, S. (2024). Anticipo e ritardo. Le epoche della tecnica nella losoa di Bernard
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https://doi.org/10.19053/uptc.01235095.v10.n35.2024.17135
primo luogo in quanto tempo del sapere, è possibile uscire dalla paralisi
accecante che caratterizza la dimensione contemporanea del pensiero.
Anticipo e ritardo costitutivi: la colpa di Epimeteo
Il titano Prometeo è secondo la mitologia greca colui che ha sottratto il segreto
del fuoco agli dei per donarlo agli esseri umani, lasciati privi di altre risorse da
suo fratello, lo smemorato Epimeteo, il quale, incaricato di distribuire le qualità
tra gli esseri viventi, si dimentica di riservarne qualcuna proprio per gli umani.
A dispetto delle varie interpretazioni prometeiche della tecnica che leggono nel
dono del titano la compensazione di una mancanza originaria alla quale esso si
sostituirebbe, nella losoa di Stiegler non vi è alcun riferimento a una simile
dimensione, ma semmai, e al contrario, l’insistenza su di un difetto di origine
costitutivo, per cui la gura di Prometeo non avrebbe alcun senso se non nella
sua continua relazione con Epimeteo (Stiegler, 2023, p. 226). Tale relazione
–ossia, fuori dal mito, quella tra epimetheia e prometheia come ritardo ed
anticipazione– è decisamente radicata nella tecnica, e, oltre a caratterizzare la
peculiarità dell’umano, costituisce precisamente la struttura del tempo.
Ora, per comprendere adeguatamente tale relazione è necessario innanzitutto
riferirla al pensiero tragico greco, per il quale non esistono (ancora)
opposizioni, ma complementarità contraddittorie che si compongono
tra loro senza annullarsi. In parole di Nietzsche: “ogni qualità si scinde
continuamente, separandosi in una coppia di contrari, e continuamente
questi contrari tendono poi di nuovo a riunirsi” (1973, p. 294). Così, “a ogni
momento luce e tenebre, amaro e dolce si avvinghiano strettamente tra loro,
come due lottatori, ciascuno dei quali riesce alternativamente a ottenere il
sopravvento” (p. 294), una lotta che ha solo vincitori provvisori e che perciò
continua per l’eternità.
In questo senso, non solo il dono di Prometeo raddoppia la dimenticanza di
Epimeteo, ma lo stesso Epimeteo raddoppia nuovamente il gesto del fratello,
come “ritorno dal disfacimento dell’esperienza”, prestando il suo nome al
pensiero stesso (epimetheia è il pensiero che arriva in ritardo, in seguito a
una défaillance
5
) salvo poi, in un ulteriore rovesciamento, nire a sua volta
5 La struttura del pensiero così identicata procede da un primo momento in cui “commettere la
colpa, la distrazione, l’imbecillità l’idiozia, la dimenticanza” e un secondo in cui “meditarci sopra,
sempre troppo tardi, la riessività la conoscenza, la saggezza, e una gura di ricordo completamente
diversa: quella dell’esperienza” (Stiegler, 2023, p. 226).
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dimenticato dal pensiero losoco successivo (Stiegler, 2023, p. 226), che
ha piuttosto investito su Prometeo rendendolo protagonista assoluto del mito.
L’assenza di qualità dell’essere umano, ossia la colpa di Epimeteo, e il
conseguente confezionamento di protesi non devono dunque essere pensati
in una logica oppositiva (secondo la quale la protesi si sostituisce a una
carenza strutturale, così come nelle visioni prometeiche della tecnica), ma
nei termini di una supplementarizzazione. Il fuoco di Prometeo è allora il
dono della (consapevolezza della) mortalità e della necessità di dierirla;
dunque, del fuori e delle diverse modalità di essere “fuori di sé”, le quali
non costituiscono comunque un’essenza (né una “seconda natura”), dal
momento che non divengono mai proprietà sostanziali dell’essere umano.
Sarà piuttosto la capacità di uscire (da “sé”), e, solo mediante questa uscita,
generare un dentro (un sé), a caratterizzare eventualmente la specicità
dell’umano –in altre parole, il fatto che l’origine stessa sia difettosa, che si
generi in una catena di colpe che raddoppiano la colpa iniziale nel tentativo
di compensarla, e in un susseguirsi di ritardo, anticipazione, preoccupazione,
conservazione, eccetera: “non c’è aatto origine, c’è solo la duplicità di
un difetto originario” (p. 235). Non dell’origine da un difetto, ma di un
difetto nell’origine stessa, ambigua ed indecidibile
6
. Un difetto dal quale si
generano organi articiali e saperi, o in altri termini, un ritardo, un’idiozia,
che permette di anticipare, e dunque conoscere: “questa anticipazione che
ritorna e si ritira proprio in questo ritorno, e che può essere solo un diversivo,
si chiama epimetheia, sapere a posteriori” (p. 257).
Troviamo qui una prima caratterizzazione temporale della mortalità protesica,
ossia, della relazione indistricabile tra umano e tecnica, e tra anticipo e
ritardo, come basata sull’elpis, vale a dire “l’aspettativa, la congettura, la
presunzione e la previsione” (p. 236), senza che ad essa sia attribuito un
preciso valore morale: come abbiamo specicato rispetto al pensiero pre-
platonico, e come Stiegler riporta citando da Jean-Pierre Vernant, tale termine
può riguardare sia un bene che un male. Elpis sarebbe allora “(la relazione
con) l’indeterminato, cioè (l’anticipazione del) l’avvenire, e come tale, ‘il
fenomeno essenziale del tempo’” (p. 237).
Ecco dunque che gli inseparabili Prometeo ed Epimeteo costituiscono
insieme “la riessione come estasi, ‘nel’ tempo, cioè nella mortalità che è
6 Cfr. anche Vignola (2023, pp. 32-33).
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Baranzoni, S. (2024). Anticipo e ritardo. Le epoche della tecnica nella losoa di Bernard
Stiegler. Cuestiones de Filosofía, 10 (35), 59-80.
https://doi.org/10.19053/uptc.01235095.v10.n35.2024.17135
anticipazione e diérance, (…) la riessione come tempo e il tempo come
riessione: sia in anticipo da parte prometeica che in ritardo dal