Anticipation and Delay. The Epochs of Technics in Bernard Stieglers
Philosophy
Anticipo e ritardo. Le epoche della tecnica nella losoa di Bernard Stiegler
Sara Baranzoni
Pontical University of Saint Anthony, Italy / University of the Arts of Ecuador
Ponticia Università Antonianum, Italia / Universidad de las Artes del Ecuador
ISSN: 0123-5095 E-ISSN: 2389-9441
Cuestiones de Filosofía Vol. 10 - N° 35, julio - diciembre, año 2024, pp. 59-80
Artículo de Investigación
Resumen
Este escrito explora la teorización de la
técnica propuesta por Bernard Stiegler
(en particular en el primer volumen de
La técnica y el tiempo), que permite
repensarla a través de diversas guras
de anticipación y retraso, en relación
con la temporalidad, el saber y sus
épocas correspondientes. A una primera
parte más teórica, destinada a ilustrar
los distintos pasos de la concepción
de una “tecnicidad originaria” y a la
propuesta por Stiegler, le seguirá una
breve mención de la “sintomatología”
de la sociedad contemporánea que él
mismo propone, para luego concluir
con una apertura “farmacológica”,
orientada al tratamiento terapéutico de
esos síntomas de malestar colectivos.
De esta manera se verá cómo, según
Stiegler, sólo poniendo el pensamiento
técnico al servicio de la comprensión y
de la distribución del tiempo, ante todo
como tiempo de los saberes, es posible
salir de la parálisis ensordecedora que
caracteriza la dimensión contemporánea
del pensamiento.
Palabras clave: innovación tecnológica, tiempo, saberes, farmacología, anticipación.
Recepción / Received: 29 de enero del 2024
Evaluado / Evaluated: 14 de marzo del 2024
Aprobado / Accepted: 25 de marzo del 2024
Historia del artículo / Article Info:
Correspondencia / Correspondence: Sara Baranzoni.
Universidad de las Artes del Ecuador, Diez de agosto 601,
Guayaquil, Ecuador. (Código Postal: 090312). Correo-e:
sara.baranzoni@uartes.edu.ec
Citación / Citation: Baranzoni, S. (2024). Anticipo e ritardo.
Le epoche della tecnica nella losoa di Bernard Stiegler.
Cuestiones de Filosofía, 10 (35), 59-80.
https://doi.org/10.19053/uptc.01235095.v10.n35.2024.17135
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Abstract
This paper explores Bernard Stieglers theorization of technique
(particularly in the rst volume of Technics and Time), which allows us
to rethink it through various gures of anticipation and delay, in relation
to temporality, knowledge and its corresponding epochs. A rst, more
theoretical part, which aims to illustrate the various stages of the conception
of an “original technicity” proposed by Stiegler, will be followed by a
brief mention of the “symptomatology” of contemporary society that he
himself proposes, and will conclude with a “pharmacological” opening,
oriented towards the therapeutic treatment of these symptoms of collective
malaise. In this way, it will be possible to see how, according to Stiegler,
it is only by placing technical thinking at the service of understanding
and the distribution of time, above all as the time of knowledge, that it
is possible to escape from the deafening paralysis that characterizes the
contemporary dimension of thinking.
Keywords: technological innovations, time, knowledge, pharmacology,
forecasting.
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Baranzoni, S. (2024). Anticipo e ritardo. Le epoche della tecnica nella losoa di
Bernard Stiegler. Cuestiones de Filosofía, 10 (35), 59-80.
https://doi.org/10.19053/uptc.01235095.v10.n35.2024.17135
Introduzione
Qualora dovessimo indicare un tratto distintivo della losoa di Bernard
Stiegler, spesso in modo limitativo etichettata come una losoa della
tecnica, porremmo l’accento sul gioco eterno e processuale, non dialettico
metaforico, tra tendenze contrapposte ma non oppositive. In questo
senso, se la parte conclusiva e più politica del suo pensiero è evidentemente
caratterizzata dalla continua negoziazione tra entropia e neghentropia (o anti-
entropia), n dall’inizio è la coppia ritardo ed anticipazione a costituirne il
perno teoretico. Nei tre volumi pubblicati della serie La tecnica e il tempo
(Stiegler, 2018), opera che a cominciare dal titolo, in un richiamo nemmeno
troppo implicito ad Heidegger, conferisce alla tecnica una relazione
essenziale con la temporalità, il ritardo appare allora innanzitutto come la
colpa di Epimeteo, tema centrale del primo tomo, mentre l’anticipazione, che
dipende da questo stesso ritardo, è prometheia, anche in quanto previsione
e prudenza rispetto al futuro. Se da una parte, aerma Stiegler, è proprio
tale relazione a produrre le dierenze che caratterizzano la vita
1
, ma anche,
come vedremo, a determinare la temporizzazione dell’esistenza, a questa
concezione costitutiva della tensione tra ritardo ed anticipazione viene
prontamente ad aancarsene una organologica, che ha a che vedere con la
relazione continuamente sfasata e in cerca di equilibrio tra gli organi psico-
biologici, gli organi tecnici e le organizzazioni sociali che, secondo Stiegler,
non possono che essere studiati nel loro continuo processo di aggiustamento,
disaggiustamento e riaggiustamento reciproco, ossia, aggiungeremmo,
nella dimensione poliritmica generata dal continuo sfasamento tra velocità,
decisamente lenta quella dell’individuazione dei sistemi psichici e collettivi
umani, estremamente rapida quella dell’evoluzione tecnica.
Una simile prospettiva, sebbene ormai datata, risulta ancora fondamentale se
si vuole comprendere il modo in cui nell’attualità, con l’accelerazione della
tecno-rivoluzione e la crescente onnipresenza delle tecnologie digitali, si è
creata una discrepanza incommensurabile tra la velocità dell’innovazione
tecnologica e la capacità, da parte dei sistemi psichici e delle organizzazioni
1 Una vita che, nel pensiero di Stiegler, non è mai considerata nella sua presunta “purezza”, ma nella
sua evoluzione per rotture e spostamenti, sempre in relazione con ciò che vitale non è, ossia “(…)
come se la vita, tenendo conto delle altre modalità con cui si protrae, fosse una successione di
modalità dei rapporti tra un avanzamento strutturale e un ritardo strutturale, produttori di dierenze
per il gioco di tensioni in cui consistono” (2023, p. 189).
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sociali, di stare al passo di tale divenire. Una discrepanza che ha di fatto
bloccato la capacità istituente –la produzione di saperi all’altezza delle
trasformazioni ma anche di strumenti collettivi capaci di prendersi cura
di esse. In eetti, sebbene in una simile situazione ci si aspetterebbe una
notevole proliferazione di saggi e studi volti ad analizzare e comprendere il
problema, solo in pochi casi il pensiero critico contemporaneo ha provato
ad interpretarla attraverso categorie che collegano tale paralisi istituente
al cambiamento tecnologico e allo sfasamento che ne deriva, lasciando
però quasi sempre sullo sfondo –quando non l’ha decisamente omessa– la
relazione costitutiva che lega l’esperienza della temporalità alla dimensione
tecnica
2
. È come se in questa accelerazione –e nell’aanno di comprendere
come arontarla
3
– ci si accecasse, perdendo di vista proprio il cambiamento
sul piano della temporalità.
In realtà, tale situazione della losoa si potrebbe far risalire a un ritardo
originario nella comprensione della tecnica, una rimozione spesso denunciata
proprio dallo stesso Stiegler: anche quando ha creduto di farsi carico della
questione della tecnica, la losoa non è davvero riuscita ad emanciparsi
dalla metasica, relegando di fatto la tecnica alla funzione di mezzo
4
ed
evitando così la sua assunzione a oggetto di pensiero (Vignola, 2023, pp. 20-
21). Interpretare la tecnica in quanto mezzo in vista di altri ni signica in
eetti, in primo luogo, privarla di una causalità interna, attribuendo questa
soltanto all’esecutore, ossia al soggetto che la utilizza, e di conseguenza
aermarne la neutralità, trasferendo ancora una volta ogni tipo di agency
e responsabilità a chi se ne serve. In questo modo, lo studio della tecnica
come tale riesce sempre ad essere surclassato dall’irriducibile priorità della
2 Alcuni importanti tentativi di comprendere le trasformazioni in atto in senso temporale sono stati ad
esempio quello di Brian Massumi (2015), che nel suo Ontopower ha spiegato il ruolo di diversi tipi
di anticipazione nell’esercizio contemporaneo del potere. Possiamo citare anche il lavoro di Luciana
Parisi e Steve Goodman (2005 e 2010, e Parisi, 2017) sulla nanomodulazione della vita attraverso
la correlazione algoritmica. Tali contributi orono interessanti prospettive sul funzionamento dei
meccanismi del potere nelle sue modalità più recenti, ma restano comunque aperti ad un dialogo che
ne complementi il fondamento teorico.
3 I rischi provocati dal rincorrere tale accelerazione anziché comprenderla adeguatamente sono stati
messi in luce in Baranzoni e Vignola (2017).
4 Un’importante eccezione a tale linea di pensiero è rappresentata dallo stesso Heidegger, che, nella
conferenza La questione della tecnica (1976), dichiara come sia sua intenzione andare oltre alle
classiche denizioni strumentali e antropologiche (p. 5). Del resto, come anticipato, è anche a partire
da un dialogo non mimetico con le opere di Heidegger che Stiegler costruisce la sua prospettiva
losoca.
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dimensione umana o da una serie di discorsi morali volti a giudicare la
correttezza o meno di un relazionamento che di fatto procede sempre a senso
unico (è l’umano che si relaziona con la tecnica; è dunque a partire “dall’uso
che ne fa” che si possono distinguere comportamenti buoni o cattivi). Ma
anche qualora considerassimo esatta la comprensione della tecnica come
strumento, ciò non direbbe nulla della sua essenza (Stiegler, 2023, p. 56). Ecco
che il ritardo della losoa diviene allora recidivo, dato che quest’ultima, nel
corso del tempo, si è mostrata come abbiamo detto piuttosto incapace –salvo
rare eccezioni– di riconoscere tale difetto e, di conseguenza, di comprendere
le trasformazioni tecniche in atto. Allo stesso tempo, la losoa ha anche
evitato di confrontarsi con le condizioni tecniche reali del suo farsi, ossia
con i cambiamenti epistemici necessariamente introdotti dalla modicazione
dei supporti della conoscenza, fallendo, in parecchi casi, nel produrre un
pensiero degno del presente.
Ora, il ritardo nella comprensione di tali questioni tecniche non è soltanto
proprio della losoa ma di ogni tipo di sapere, dal momento che, sempre
seguendo la teoria di Stiegler, la formazione e lo sviluppo dei saperi si legano
da sempre ai cambiamenti tecnici, che ne modicano non solo i contenuti,
ma anche le forme e, appunto, le condizioni di (ri)produzione. In un certo
senso, aerma Stiegler, è proprio tale ritardo nella comprensione di ciò che
accade a determinare la crisi presente, una crisi che è innanzitutto del tempo,
e in esso dell’avvenire, mai come oggi percepito in relazione con una sorta
di impossibilità (p. 45): l’impossibilità, appunto, di determinare una nuova
epoca del sapere e della società in risposta all’obsolescenza dei sistemi
precedenti. Per far fronte a tale crisi è dunque necessario un cambiamento
radicale di prospettiva, in primo luogo per non ripetere gli errori strategici
accumulati nel tempo, ma anche per “svecchiare” alcuni concetti e discorsi
che sono sembrati validi in altre circostanze, in quanto pensati in relazione
a problemi e necessità allora attuali ma oggi, sicuramente, mutati. È il caso,
ad esempio, del pensiero di Heidegger: se in eetti molta della losoa di
Stiegler è debitrice, nel suo discorso sulla tecnica, di alcune formulazioni
heideggeriane, non esita certo, allo stesso tempo, nel riutare alcune delle
opposizioni che il losofo tedesco istituisce. In particolare, quella che
vedrebbe una temporalità autentica distinguersi da un tempo tecnologico, e
dunque un soggetto umano (il chi”) dalla tecnica in quanto oggetto (il cosa”).
Secondo Stiegler, invece, il chi è sempre già anticipato dal cosa, in quanto il
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cosa è capace di allocare un passato non vissuto e pur tanto suo (del chi),
poiché ereditato attraverso i supporti materiali che ne conservano la memoria
e il sapere. Ed è proprio l’inestricabile ambiguità tra chi e cosa a determinare
l’originalità del discorso sulla tecnica di Stiegler, da egli denita, appunto,
“l’invenzione dell’uomo” (p. 177), nonché a costituirne quel punto di forza
che permette di superare le idiosincrasie di altre prospettive teoriche.
Vi è poi una terza dimensione del ritardo e riguarda la diusione
dell’opera di Stiegler in Italia: così come nota Paolo Vignola (2023)
nella sua introduzione alla recente traduzione italiana di La tecnica e il
tempo 1, questa appare molto dopo la pubblicazione in italiano di altre
opere più recenti dello stesso autore, e almeno a un decennio di distanza
dalla traduzione in altre lingue. Nonostante ciò, tale ritardo può costituire
l’occasione necessaria non solo per “approfondire e ricalibrare il percorso
della losoa stiegleriana successiva” (p. 10), ma anche per comprendere
più adeguatamente ed arricchire teoricamente quegli strumenti che
consentono di forgiare un lessico e un discorso all’altezza del presente e dei
problemi che esso pone. L’obiettivo euristico del presente saggio consiste
precisamente nell’abbracciare tale occasione e, perciò, nel ripercorrere la
trama concettuale del rapporto tra anticipo e ritardo proposta nel libro, al
ne di chiarire il rapporto stringente tra elaborazione teoretica e diagnosi
politica all’opera nei testi successivi, considerando che spesso l’urgenza e
la sensazionalità della seconda corre il rischio di mettere in ombra la prima.
Tracceremo allora un attraversamento che permetta di comprendere la
necessità di ripensare la tecnica in relazione con la temporalità, i saperi e le
relative epoche, anche e precisamente per non smarrirsi nel “disorientamento
generalizzato” che trasforma la società in una sclerotica ripetizione di
automatismi tecnici. Una società fondata sulla diseconomia generalizzata,
sull’evasione della responsabilità e su quella che è stata denita “stupidità
sistemica” al governo delle esistenze (Stiegler, 2019, p. 360). Tale stato
di fatto non è però ineluttabile: così, ad una fase sintomatologica, votata
alla comprensione, lettura ed analisi dei sintomi di disagio presentati dalla
società, dagli individui (psichici, collettivi, tecnici) che la compongono
e dalle relazioni che si istituiscono tra di loro, deve seguirne una
farmacologica, volta al ripensamento terapeutico e responsabile di tali
elementi. Vedremo così che, secondo Stiegler, solo rimettendo il pensiero
della tecnica al servizio della comprensione e distribuzione del tempo, in
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Baranzoni, S. (2024). Anticipo e ritardo. Le epoche della tecnica nella losoa di
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primo luogo in quanto tempo del sapere, è possibile uscire dalla paralisi
accecante che caratterizza la dimensione contemporanea del pensiero.
Anticipo e ritardo costitutivi: la colpa di Epimeteo
Il titano Prometeo è secondo la mitologia greca colui che ha sottratto il segreto
del fuoco agli dei per donarlo agli esseri umani, lasciati privi di altre risorse da
suo fratello, lo smemorato Epimeteo, il quale, incaricato di distribuire le qualità
tra gli esseri viventi, si dimentica di riservarne qualcuna proprio per gli umani.
A dispetto delle varie interpretazioni prometeiche della tecnica che leggono nel
dono del titano la compensazione di una mancanza originaria alla quale esso si
sostituirebbe, nella losoa di Stiegler non vi è alcun riferimento a una simile
dimensione, ma semmai, e al contrario, l’insistenza su di un difetto di origine
costitutivo, per cui la gura di Prometeo non avrebbe alcun senso se non nella
sua continua relazione con Epimeteo (Stiegler, 2023, p. 226). Tale relazione
–ossia, fuori dal mito, quella tra epimetheia e prometheia come ritardo ed
anticipazione– è decisamente radicata nella tecnica, e, oltre a caratterizzare la
peculiarità dell’umano, costituisce precisamente la struttura del tempo.
Ora, per comprendere adeguatamente tale relazione è necessario innanzitutto
riferirla al pensiero tragico greco, per il quale non esistono (ancora)
opposizioni, ma complementarità contraddittorie che si compongono
tra loro senza annullarsi. In parole di Nietzsche: “ogni qualità si scinde
continuamente, separandosi in una coppia di contrari, e continuamente
questi contrari tendono poi di nuovo a riunirsi” (1973, p. 294). Così, “a ogni
momento luce e tenebre, amaro e dolce si avvinghiano strettamente tra loro,
come due lottatori, ciascuno dei quali riesce alternativamente a ottenere il
sopravvento” (p. 294), una lotta che ha solo vincitori provvisori e che perciò
continua per l’eternità.
In questo senso, non solo il dono di Prometeo raddoppia la dimenticanza di
Epimeteo, ma lo stesso Epimeteo raddoppia nuovamente il gesto del fratello,
come “ritorno dal disfacimento dell’esperienza”, prestando il suo nome al
pensiero stesso (epimetheia è il pensiero che arriva in ritardo, in seguito a
una défaillance
5
) salvo poi, in un ulteriore rovesciamento, nire a sua volta
5 La struttura del pensiero così identicata procede da un primo momento in cui “commettere la
colpa, la distrazione, l’imbecillità l’idiozia, la dimenticanza” e un secondo in cui “meditarci sopra,
sempre troppo tardi, la riessività la conoscenza, la saggezza, e una gura di ricordo completamente
diversa: quella dell’esperienza” (Stiegler, 2023, p. 226).
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dimenticato dal pensiero losoco successivo (Stiegler, 2023, p. 226), che
ha piuttosto investito su Prometeo rendendolo protagonista assoluto del mito.
L’assenza di qualità dell’essere umano, ossia la colpa di Epimeteo, e il
conseguente confezionamento di protesi non devono dunque essere pensati
in una logica oppositiva (secondo la quale la protesi si sostituisce a una
carenza strutturale, così come nelle visioni prometeiche della tecnica), ma
nei termini di una supplementarizzazione. Il fuoco di Prometeo è allora il
dono della (consapevolezza della) mortalità e della necessità di dierirla;
dunque, del fuori e delle diverse modalità di essere “fuori di sé”, le quali
non costituiscono comunque un’essenza (né una “seconda natura”), dal
momento che non divengono mai proprietà sostanziali dell’essere umano.
Sarà piuttosto la capacità di uscire (da “sé”), e, solo mediante questa uscita,
generare un dentro (un sé), a caratterizzare eventualmente la specicità
dell’umano –in altre parole, il fatto che l’origine stessa sia difettosa, che si
generi in una catena di colpe che raddoppiano la colpa iniziale nel tentativo
di compensarla, e in un susseguirsi di ritardo, anticipazione, preoccupazione,
conservazione, eccetera: “non c’è aatto origine, c’è solo la duplicità di
un difetto originario” (p. 235). Non dell’origine da un difetto, ma di un
difetto nell’origine stessa, ambigua ed indecidibile
6
. Un difetto dal quale si
generano organi articiali e saperi, o in altri termini, un ritardo, un’idiozia,
che permette di anticipare, e dunque conoscere: “questa anticipazione che
ritorna e si ritira proprio in questo ritorno, e che può essere solo un diversivo,
si chiama epimetheia, sapere a posteriori” (p. 257).
Troviamo qui una prima caratterizzazione temporale della mortalità protesica,
ossia, della relazione indistricabile tra umano e tecnica, e tra anticipo e
ritardo, come basata sull’elpis, vale a dire “l’aspettativa, la congettura, la
presunzione e la previsione” (p. 236), senza che ad essa sia attribuito un
preciso valore morale: come abbiamo specicato rispetto al pensiero pre-
platonico, e come Stiegler riporta citando da Jean-Pierre Vernant, tale termine
può riguardare sia un bene che un male. Elpis sarebbe allora “(la relazione
con) l’indeterminato, cioè (l’anticipazione del) l’avvenire, e come tale, ‘il
fenomeno essenziale del tempo’” (p. 237).
Ecco dunque che gli inseparabili Prometeo ed Epimeteo costituiscono
insieme “la riessione come estasi, ‘nel’ tempo, cioè nella mortalità che è
6 Cfr. anche Vignola (2023, pp. 32-33).
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anticipazione e diérance, (…) la riessione come tempo e il tempo come
riessione: sia in anticipo da parte prometeica che in ritardo dal suo rovescio
epimeteico –mai in pace, che è il privilegio degli Immortali” (p. 241).
Anticipo e ritardo organologici: il tempo della tecnica
Se la narrazione del mito ci consegna un’origine difettosa dell’umano,
comprensibile solo in quanto articiale, ossia, legata all’articio tecnico
(il fuoco, in primis), la proposta paleoantropologica che Stiegler illustra n
dall’inizio della sua opera non può che ribadire tale tecnicità originaria, ancora
una volta basata sulla relazione tra anticipo e ritardo. È in questa relazione
che si costituisce la temporalità dei mortali, e il tempo o, meglio, “l’articio
della temporalità” (Stiegler, 2023, p. 173) non deve essere pensato come un
“contenitore” trascendentale della tecnica, ma, ancora una volta, come il prodotto
di un processo di supplementarizzazione o esteriorizzazione
7
“in cui nulla è
immediatamente a portata di mano, dove tutto è mediatizzato, tecnicizzato,
disequilibrato” (p. 174). Seguendo ancora le illuminanti formulazioni di
Stiegler: “la vita è la conquista della mobilità. La tecnica, come ‘processo di
esteriorizzazione’, è la continuazione della vita con altri mezzi rispetto alla vita”
(p. 64). In altre parole: se la vita in quanto tale è nita, delimitata dalla mortalità,
ed anche nitudine ritenzionale (sia perché non può conservare in eterno le
proprie ritenzioni, ma anche e soprattutto perché, come abbiamo visto, nel
pensiero stiegleriano ogni ricordo è già sempre anche oblio), nel suo comporsi
con la tecnica essa conquista la possibilità di un’estensione. Ora, quest’ultima
non è aatto da intendersi in un generico senso transumanista, ossia come
produzione di dispositivi che mirano al prolungamento della vita individuale,
ma piuttosto in quanto estensione della trasmissibilità delle caratteristiche
vitali: è per questo che Stiegler (p. 218) parla di una memoria epilogenetica, in
grado di conservare tecnicamente anche ciò che geneticamente non si conserva
–ossia, l’esperienza individuale–, a partire dalla quale il passato si costituisce
come tale, e il futuro diviene anticipabile.
7 Nelle sue pubblicazioni più recenti, Stiegler sostituirà quasi completamente entrambi i termini con
“esosomatizzazione”, mutuato dai lavori di Alfred Lotka (1945). Tale termine mantiene lo stesso
signicato dei precedenti ma ha il vantaggio di porre immediatamente l’accento sulla produzione di
organi “fuori dal corpo”, e di non prestare il anco a quelle interpretazioni equivoche che vorrebbero
ricondurre il pensiero di Stiegler a una fenomenologia, per cui l’esteriorizzazione sarebbe da
intendersi come la proiezione di un’interiorità preesistente. In Stiegler, al contrario, tale interiorità è
possibile solo après-coup, ossia in quanto prodotto del supplemento.
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Così, una delle immagini più potenti di La colpa di Epimeteo (a sua volta
elaborata a partire dalle teorizzazioni di André Leroi-Gourhan) è quella
dell’ominide primitivo dinnanzi a una selce scheggiata: il taglio, la particolare
forma che tale oggetto acquisisce ricorda le forme della caccia, la possibilità
di aumentarne il successo, e istituisce un legame con le generazioni
precedenti che quel successo l’hanno sperimentato. In questo senso, la selce
è supporto di memoria, memoria di quel passato non vissuto ma comunque
già qui, presente nella propria esperienza. Memoria di quel “gesto” che si
combina con altri gesti e che implica già una buona dose di anticipazione
per prevedere lo svolgimento di future operazioni tecniche. È in questo atto
di “riconoscimento” (anche se sarebbe meglio dire ri-conoscenza, anamnesi
dall’ipomnesi), nell’accoppiamento tra essere vivente e materia inorganica
organizzata in quanto generatore di una relazione temporale, che l’umano
diventa tale (p. 91) e la tecnica l’invenzione dell’uomo. Chi inventa cosa,
o cosa inventa chi, è indecidibile, ambiguo. Ciò che invece è evidente, così
come dimostrato dagli studi paleoantropologici, è che l’animale umano smette
di dierenziarsi ed evolvere biologicamente (ossia di produrre nuovi organi
endosomatici) precisamente quando inizia a liberare la propria mano –il che
permette una relazione diversa con il volto e un progresso delle attività
cerebrali
8
. È così che “l’uomo inventa sé stesso nella tecnica inventando lo
strumento” –‘esteriorizzandosi’ tecno-logicamente” (p. 184): è essere umano
in quanto in grado di “mettersi fuori da sé”, e dunque, di esosomatizzarsi, (ri)
producendosi come essere dotato di memoria esteriorizzata. L’oggetto tecnico,
invece, continua ad evolvere nella sua organizzazione, trasformandosi nel
tempo ed in relazione con l’ambiente.
Sarebbe però erroneo considerare tale evoluzione tecnica come il prodotto
del genio inventore umano o di una sua intenzione precedente all’unione con
la materia, ed è proprio Leroi-Gourhan (1977 e 1994) a fornire a Stiegler i
principali elementi teorici di un’antropogenesi che coincide ampiamente con
una tecnogenesi, in una sorta di “determinismo reciproco”, o co-evoluzione
8 Così come scrive Leroi-Gourhan: “gli Antropiani liberano la mano e acquistano la posizione eretta,
molto prima che il cervello raggiunga il livello adatto a noi. Tale fatto raorza l’ipotesi da me
sostenuta, secondo la quale la disposizione dell’apparato nervoso segue quella della macchina
corporea” (1977, p. 60). L’organizzazione corticale del cervello sarebbe dunque una conseguenza
dell’evoluzione “esosomatica” di un corpo che ormai “funziona solo con i suoi strumenti” (Stiegler,
2023, pp. 190 e 215), mentre il suo perfezionamento viene spiegato da Stiegler in termini di “aumento
delle prestazioni della previsione, dell’ecacia dell’anticipazione” (p. 201).
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combinatoria, tra tecnica e zoologia. L’organizzazione della materia inorganica
deve essere allora interpretata come “una selezione di forme in una relazione
tra l’essere umano vivente e la materia che organizza e attraverso la quale
egli si organizza, laddove nessuno dei due termini della relazione possiede
il segreto dell’altro” (Stiegler, 2023, p. 96). Tale dinamica, irriducibile alla
biologia, alla meccanica e tanto più all’antropologia, è ciò che caratterizza
la storia della tecnica, che può allora essere interpretata come una serie di
biforcazioni locali di una tendenza universale –fermo restando che ciò non
deve condurre alla reinstallazione di un universalismo. Semmai, ciò che è
dotato di un carattere universale è appunto ciò che Leroi-Gourhan (1994)
chiama “tendenza tecnica”, ossia, la presenza di generalità nella produzione
di artefatti che si riscontrano in luoghi e culture diverse, generalità che
dipendono dalla materia e determinano la necessità del fenomeno tecnico.
Ma tale fenomeno si declina poi localmente in fatti tecnici, ossia, le singole
concretizzazioni che si costituiscono in base ad ambiente esterno (geologico,
climatico e storico-geograco o relativo alle inuenze provenienti da altri
gruppi umani) ed interno (dimensione etnica, saperi e diversità culturali
speciche, riferite in particolare alla propria epoca e alla relazione con il
tempo) (Stiegler, 2023, pp. 101-103). È dunque la tendenza tecnica generale
a permettere l’origine di tecniche sovrapponibili presso luoghi e popoli che
non sono mai stati in contatto tra di loro, così come ciascun fatto tecnico,
sebbene relazionabile con altri, mantiene sempre la propria individualità e
diversità, anche rispetto agli altri fatti riferibili alla stessa tendenza.
Ora, nella storia evolutiva della tecnica, la tendenza tecnica non si realizza mai
come tale, ma si mantiene come una riserva che si compone continuamente
con le proprie concretizzazioni in fatti tecnici locali, che possono rinforzarla,
confermandola, o spingerla ai propri limiti
9
. In linea con la Storia delle
tecniche di Bertrand Gille (1985), in tale storia si possono identicare diverse
epoche, ciascuna delle quali è caratterizzata da quello che l’autore descrive
come “sistema tecnico”: innanzitutto, “un insieme di interdipendenze stabili
in un determinato momento” (Stiegler, 2023, p. 74), in quanto tendono a
ssarsi temporaneamente attorno ad un punto di equilibrio composto da
9 In Ambiente e tecniche, Leroi-Gourhan (1994, p. 233) spiega la tendenza tecnica come “un
movimento di presa progressiva, da parte dell’ambiente interno, sull’ambiente esterno”, molto
simile a quello che condiziona la morfogenesi degli organismi nel loro ambiente, che diviene
evidente solo una volta materializzata nei fatti tecnici, ossia, quando smette di essere propriamente
una tendenza (Stiegler, 2023, pp. 104-105).
70 Cuestiones de Filosofía No. 35 - Vol. 10 Año 2024 ISSN 0123-5095 Tunja-Colombia
acquisizioni precedenti, tendenze in atto ed invenzioni che le completano.
Ogni sistema tecnico denisce e costituisce un’unità temporale ed è capace
di evolvere in relazione alla complessità e armonizzazione degli elementi
che co-involge, includendo il sistema economico e quello sociale coesistenti.
Così come sono i limiti endogeni ed esogeni del sistema a determinarne
i dinamismi e il progresso, allo stesso modo, la transizione da un sistema
tecnico all’altro si articola nella storia della tecnica con il “dierimento
progressivo dei propri limiti” (p. 80), attraverso una serie di invenzioni e
innovazioni che possono permettere tanto la continuità (variazione interna
del sistema) come la discontinuità (nascita di un nuovo sistema).
Se possiamo vedere qui una dinamica interna alla tecnica (una tecno-logica),
dove l’oggetto tende per la sua natura materiale verso una concretizzazione
della tendenza e si presta come catalizzatore di tratti che conformano un’epoca,
dovremo allora ripensare il ruolo dell’umano: non più geniale inventore
che produce la tecnica ma “operatore”
10
, il cui processo di individuazione
si intreccia con quello dell’oggetto tecnico, raddoppiandolo in un co-
condizionamento reciproco. In tale dinamica, il chi deve necessariamente
tentare di anticipare e negoziare l’evolversi locale della tendenza per
potersene riappropriare, rendendo possibile la sociogenesi, o in altre parole,
l’istituzione di elementi in grado di far evolvere anche la dimensione collettiva
dell’esistenza. In La désorientation (il disorientamento), secondo volume di
La tecnica e il tempo, Stiegler (2018, p. 325) chiarisce che tale negoziazione
ha a che vedere con la velocità, intesa come dierenza di ritmi tra la lentezza
del vivente umano e la velocità dell’essere inorganico organizzato: l’anticipo
strutturale della tecnica nel suo processo di dierenziazione genera allora
uno sfasamento continuo nel vivente che essa costituisce, aetta e dierenzia
costantemente. È questa la storia della tecnica come anche storia dell’umano:
la ripetizione di un dierenziale di forze che si compongono, in cerca di
un punto di equilibrio (metastabile). Ed è qui che si gioca la dimensione
organologica
11
dell’anticipo e del ritardo: nella ricerca di un equilibrio in
questa relazione sempre sfasata tra organi psico-biologici, organi tecnici e
organizzazioni sociali.
10 Cfr. anche Simondon (2020).
11 Ricordiamo brevemente che la dimensione organologica si riferisce, in Stiegler, alla necessità di uno
studio complessivo (un’organologia generale) che articoli costantemente i tre piani già menzionati
(organi psico-biologici, organi tecnici, organizzazioni sociali) nella loro co-costituzione reciproca, e
comprenda le relative trasformazioni come una dinamica transduttiva.
71
Baranzoni, S. (2024). Anticipo e ritardo. Le epoche della tecnica nella losoa di
Bernard Stiegler. Cuestiones de Filosofía, 10 (35), 59-80.
https://doi.org/10.19053/uptc.01235095.v10.n35.2024.17135
Non possiamo in questa sede approfondire ulteriormente la complessa ed
articolata teorizzazione stiegleriana sulla concretizzazione dell’oggetto
tecnico in relazione alle sue caratteristiche intrinseche e all’ambiente, interno,
esterno, tecnico o associato
12
. Per quanto riguarda il nostro discorso attorno alla
temporalità, basti per il momento considerare che, in base a quanto enunciato,
si possono ipotizzare diverse epoche tecniche, ciascuna caratterizzata da un
particolare sistema tecnico e da una serie di saperi, categorie e programmi
ad esso vincolati. Ogni qualvolta si verica un “cambiamento d’epoca”, tali
saperi, categorie e programmi perdono vigenza, ed è necessario svilupparne
dei nuovi, adeguati alle nuove condizioni. Ma se il sistema tecnico può in
ogni caso essere intervenuto tramite la programmazione dello sviluppo,
creando di fatto una rottura pianicata nelle condizioni dell’evoluzione
tecnica, ciò che invece dicilmente può essere pianicato e “regolato” sono
le conseguenze di tale sviluppo sugli altri sistemi costitutivi della società
–la dimensione psichica degli individui e le soggettività, la dimensione
culturale e istituzionale– che interdipendono dallo sviluppo tecnico, così che
l’eetto dell’evoluzione tecnica si tramuta molto spesso in un disequilibrio
organologico generale.
Anticipo e ritardo istituenti: le epoche del sapere
Se l’epoca moderna della tecnica è quella in cui essa raggiunge una velocità
evolutiva inusitata, è evidente come la discrepanza tra ritmi renda il chi
costantemente in ritardo ed incapace di ristabilire una relazione costitutiva
con il cosa, o di inventarne una nuova quando l’ecacia dei programmi
esistenti è sospesa. Questo ritardo ha creato tra i ritmi evolutivi delle tre sfere
organologiche una distanza tale da sembrare insormontabile, comprensibile
soltanto, come spiega Stiegler (2023, p. 106), nei termini dell’emergere di un
nuovo ambiente tecno-sico e tecno-culturale –un nuovo ambiente tecnico
le cui leggi di equilibrio non sono più date.
Così, l’espansione incontrollata della sfera tecnica va oggi di pari passo con
una serie di problemi che hanno a che vedere proprio con l’anticipazione e la
conseguente capacità di prendere decisioni rispetto alle operazioni future. Una
dinamica che è ormai sempre più delegata a macchine, da una parte necessarie
dal momento che l’umanità non è abbastanza veloce per riuscire a controllare
gli attuali processi di scambio informativo, dall’altra anche preoccupanti,
12 Cfr. Simondon (2020).
72 Cuestiones de Filosofía No. 35 - Vol. 10 Año 2024 ISSN 0123-5095 Tunja-Colombia
poiché con la delega di certe decisioni si delega anche il sapere che dovrebbe
generarle, minacciandone la scomparsa (p. 131). O addirittura, come si ode
sempre più frequentemente nell’atmosfera di allarmismo generalizzato che
l’accelerazione delle trasformazioni ha provocato, minacciando di superare
l’umano e conducendolo al rischio della propria estinzione.
Si tratta, come premesso, di un problema di temporalità, nella misura in
cui il futuro appare come il risultato di un processo di anticipazione che
si inizialmente nell’esteriorizzazione e si combina con la tecnica, che
rispecchia tale anticipazione conservandone la memoria. Secondo Stiegler
(p. 195), dobbiamo distinguere qui due tipi di anticipazione: quella che
permette di costruire gli utensili (anticipando le operazioni future in cui essi
saranno coinvolti) e quella che permette di ripetere tale gesto di produzione,
ripetizione che come tale ne dierenzia la produzione facendola progredire
rispetto allo stereotipo iniziale. È a questo secondo livello, sempre implicato
nel primo, che si dà un altro tipo di anticipazione, nei termini di una “nuova
modalità di programmazione”, che si aanca a quella genetica: si tratta
di un’anticipazione vincolata al tipo di memoria iscritta nella materia
inorganica e alla sua riappropriazione (o re-interiorizzazione), che non solo
è orientata alla cura e alla conservazione di ciò che già esiste, ma anche
alle scelte e ai pensieri futuri. Sorge da qui, da questa temporalità che è
relazione con l’indeterminato come anticipazione dell’avvenire e coscienza
della nitudine, la possibilità di istituire e conformare una socialità, così
come di dierenziarla: “La politica è quest’arte, cioè questa tecnica, (…)
come necessità di una diérance, la diérance come imminenza del ne
della ‘comunità di coloro che non hanno comunità’ (…) È in eetti (…) il
sentimento del difetto d’origine” (p. 240). Ossia, il compito di coloro che
non hanno essenza né qualità, e che a partire da tale difetto d’origine devono
anticipare per poter interpretare, conoscere, decidere.
Tale questione socio-tecno-logica si precisa come la questione della
scrittura, “nella misura in cui apre lo spazio specico della pubblicità
politica e della temporalità storica” (p. 244). Ma anche come la questione
del logos, che non dovrebbe essere opposto, come successo in gran parte
della storia della losoa, alla techne: in entrambi i casi sarebbe erroneo
considerarle (tecnica e linguaggio) un mezzo per raggiungere un ne troppo
umano; semmai, vanno pensate come elementi costitutivi di questo umano.
Un umano che, abbiamo visto, si nella trasmissione di conoscenze e
73
Baranzoni, S. (2024). Anticipo e ritardo. Le epoche della tecnica nella losoa di
Bernard Stiegler. Cuestiones de Filosofía, 10 (35), 59-80.
https://doi.org/10.19053/uptc.01235095.v10.n35.2024.17135
saperi che sono “già-qui”, e che possono essere tramandati, grazie alla
scrittura (in quanto stadio avanzato dell’iscrizione mnemonica su supporto
esterno), di generazione in generazione.
Ma se la trasmissione del sapere è legata a una mnemo-tecnica, allora le
forme di questo sapere dipenderanno strettamente dai cambiamenti dei sistemi
tecnici, o più specicamente, delle tecnologie di elaborazione, conservazione e
trasmissione del sapere stesso. Ecco allora che, sempre con Stiegler, così come
abbiamo postulato una serie di epoche della tecnica, possiamo pensare delle
epoche del sapere corrispondenti, saperi teorici, ma anche saperi legati al fare
(savoir faire) e al vivere (savoir vivre) con le tecniche. Saperi pro-grammatici
che oggi, all’epoca dell’industrializzazione dei programmi, rischiano di
perdersi, generando quella che Stiegler chiama un’“assenza di epoca”.
Da un lato, tale perdita è inevitabilmente correlata alla tecnicità: nel momento
stesso in cui si con-segna un pensiero a un supporto esterno, trasformandolo
in sapere trasmissibile, se ne sposta la memoria, la si delega liberandosene
–il che, secondo Stiegler, conduce l’umanità a una “proletarizzazione
generalizzata”
13
. Allo stesso tempo, esteriorizzare la memoria signica
eliminare la presenza e l’origine del sapere da ricordare, rendendola
pertanto disponibile e controllabile precisamente dall’esterno –il che, un
poco alla volta, ha dato origine ad una battaglia per la politica e la gestione
della memoria da parte delle industrie cognitive e culturali del capitalismo
nanziario (Stiegler, 2018)
14
.
Dall’altro lato, come abbiamo visto, i saperi esistenti vengono superati in
velocità dalle trasformazioni tecniche. È per questo motivo che Stiegler
introduce la complessa nozione di “doppio raddoppiamento epocale”
15
, che
fa segno verso una dinamica la cui temporalità è caratterizzata da una doppia
sospensione (epochè) ma anche da un “raddoppiamento” di epoca. Una prima
sospensione corrisponde allo stato di shock paralizzante causato dalla novità
13 A dierenza della situazione particolare del proletario marxiano, il cui sapere professionale, una
volta delegato alle macchine, gli viene “espropriato” e non gli è più necessario (in quanto sarà la
macchina ad eseguire i gesti del lavoro al suo posto), la proletarizzazione in Stiegler è generalizzata:
chiunque sperimenta una perdita di saperi, precisamente per via della tecnicità originaria che
contraddistingue l’umano.
14 Volume 3. Le temps du cinéma et la question du mal-être.
15 Nonostante la prima formulazione di tale concetto si trovi già il La colpa di Epimeteo, Stiegler
ritornerà su tale denizione in quasi tutti i suoi libri, giungendo a dettagliarla in maniera precisa nel
più recente Dans la disruption (2016).
74 Cuestiones de Filosofía No. 35 - Vol. 10 Año 2024 ISSN 0123-5095 Tunja-Colombia
tecnica, la cui comparsa sospende l’ecacia dei saperi vigenti (e con essa la loro
epoca), non più sucienti alla sua comprensione; una seconda corrisponde al
tempo lungo della riorganizzazione dei saperi in seguito al disaggiustamento
organologico, saperi che possono appunto inaugurare una nuova epoca. Tale
raddoppiamento di epoca è poi a sua volta doppio, in quanto l’installazione
di una nuova epoca dei saperi deve avvenire tanto su un piano tecnico quanto
su un piano storico (Stiegler, 2016)
16
. È proprio l’incapacità contemporanea
nel raggiungere il secondo tempo della sospensione e la corrispondente nuova
epoca a lasciare emergere delle forme “automatiche” di società (Stiegler, 2019)
che non solo impediscono la possibilità di superare lo shock tecnologico, ma
lo rinforzano, dando luogo a quella paralisi collettiva che il losofo chiama “la
disrupzione” (Stiegler, 2016). Tali forme automatiche, basate su di uno “stato
di fatto calamitoso” in quanto capace di cortocircuitare la ragione superandola
in velocità, includono non solo la relazione individuale con le tecnologie,
ma anche il piano istituzionale, governamentale e più generalmente politico,
portando, altrettanto di fatto, alla degradazione della società in dissocietà
(Stiegler, 2019)
17
. Tuttavia, così come Stiegler ha aermato più volte, tale stato
di fatto non è irreversibile: l’“assenza di epoca” in quanto incapacità di criticare
e porre in questione i cambiamenti costituendo “la nuova epoca dei saperi”
che porterebbe a compimento il doppio raddoppiamento epocale dipende del
fatto della velocità inusitata della proletarizzazione generalizzata provocata dal
digitale, ed essendo il digitale una precisa epoca del pharmakon, ossia della
tecnica, è necessario prendersene cura, vale a dire, farsene responsabili, per
inventare e prescrivere le terapeutiche necessarie.
Conclusione. Il sapere che fa difetto e le possibilità del pensiero
Abbiamo chiuso il paragrafo precedente associando alla tecnica il termine
pharmakon: non ancora presente in La tecnica e il tempo sebbene se ne
trovino già le tracce (Vignola, 2023, p. 11), tale signicante rinvia, nella
produzione stiegleriana successiva al 2004, all’ambivalenza della tecnica,
rimedio e veleno al tempo stesso. Con uno scarto rispetto all’analisi proposta
da Derrida (1978), Stiegler presenta la tecnica “al tempo stesso come ostacolo
e possibilità ultima del pensiero” (2023, p. 55): mentre accumula in sé strati
di saperi permettendone la conservazione, trasmissione e moltiplicazione,
li “sottrae” alla memoria umana, alleggerendola di schemi inerti, di dati
16 Capitolo 2.
17 Capitolo 6.
75
Baranzoni, S. (2024). Anticipo e ritardo. Le epoche della tecnica nella losoa di
Bernard Stiegler. Cuestiones de Filosofía, 10 (35), 59-80.
https://doi.org/10.19053/uptc.01235095.v10.n35.2024.17135
relativi a compiti banali e noiosi, ma di fatto rendendola più “ignorante”, o
smemorata, poiché può dimenticarsene.
È sulla base di tale denizione che si costruisce la farmacologia di Stiegler:
una visione della tecnica come qualcosa che contemporaneamente costituisce
e destituisce l’umano, intensica e diminuisce la potenza delle soggettività
e delle collettività. Abbiamo insistito sulla simultaneità di tali eetti perché,
ancora una volta, non dipendono dall’uso che l’umano fa della tecnica, ma
intervengono sempre, entrambi, in modo indissociabile ed ambiguo, così come
ambigua è l’origine di tecnica e umano. Tale prospettiva, anziché insistere sul
piano distopico e allarmante delle trasformazioni tecnologiche per opporsi
ad esse o per combatterle incondizionatamente, utilizza le tecnologie come
volano o supporto epistemologico per comprendere e ripensare le questioni
dinnanzi alle quali le stesse tecnologie pongono le società e gli individui, ben
al di là di qualsiasi visione tecnoentusiasta o tecnofobica. In questo senso, a
una farmacologia negativa –volta a riconoscere e criticare il lato destituente
della tecnica– deve sempre associarsi una farmacologia positiva, che tenta
di mettere in movimento –e dunque in variazione– gli eetti del pharmakon,
no a generarne un rimedio.
Ora, tale rimedio passa necessariamente per i saperi che possono generarsi
in relazione con la tecnicità e con la ripetizione dell’anticipazione che la
contraddistingue. Tuttavia, oggi l’anticipazione tende molto spesso ad essere
sostituita dal calcolo, come pretesa di prevedere l’imprevedibile ed in base a
ciò governare le esistenze. Il problema però, scrive Stiegler (pp. 263-264), non
è il calcolo di per sé: heideggerianamente, ogni sapere è infatti una risposta al
sapere della propria morte, in quanto anticipazione –è un prendersi cura che di
fatto la dierisce. Il voler determinare questo tempo indeterminato attraverso
il calcolo, ossia, anticiparlo misurandolo, è invece ciò che elimina questa
diérance. Ma in quanto “scrittura” del tempo, la sua misura è anche ciò che
riapre la possibilità di una diérance, di quella messa in variazione che è alla
base della produzione di saperi. Così, invece di puntare il dito verso il calcolo,
bisognerebbe piuttosto criticare la tendenza a “bloccare” il tempo, a ssarlo su
un eterno presente in cui si vive secondo i ritmi della produzione industriale in
“real time”, un tempo che viene poi dimenticato, eliminando di fatto il gioco
processuale e dierenziante tra il passato (già-qui) e l’“essere-per-il-futuro”
(come anticipazione dell’improbabilità). Lo scadimento dell’anticipazione in
calcolo non corrisponde allora a una “perdita della temporalità autentica” come
76 Cuestiones de Filosofía No. 35 - Vol. 10 Año 2024 ISSN 0123-5095 Tunja-Colombia
in Heidegger, ma al momento dell’oblio, che è anche oblio della mortalità,
l’arrivare troppo tardi a specchiarsi nel cosa che rende possibile l’accesso al chi.
Ecco ancora una volta la colpa di Epimeteo, il difetto di origine da cui deriva
l’epimetheia in quanto idiozia e saggezza allo stesso tempo, o sapere che
è originariamente oblio. In questo caso, oblio della tecnicità originaria e
dell’impossibilità di abbandonare la delega tecnica attraverso la quale si
dovrebbe invece riconquistare quel sapere che fa difetto. Non si tratta in
nessun caso di propendere verso una cieca ducia nella tecnologia in quanto
possibile “salvezza”: la ragione va sempre riconquistata in un dicile
esercizio farmacologico, e non abbandonata al suo divenire automatica
(Stiegler, 2019).
È così che diviene necessario ritornare a quell’epochè che corrisponde alla
temporalità della sospensione e conversione dello sguardo come generatrice
di una nuova possibilità di pensare, precisamente a partire dall’idiozia
causata dallo shock tecnologico e dalla “guerra di velocità”. Quello stupore
che ci lascia stupidi e –apparentemente– impossibilitati a pensare di nuovo,
spingendoci sempre più irrimediabilmente a una sensazione di inadeguatezza
che non lascia altra via d’uscita se non il condare ciecamente, sordamente
e acriticamente nelle decisioni automatiche
18
. In un certo senso, ritornare
Epimeteo, aondare nell’epimetheia sperimentandola no in fondo, sapendo
di non sapere e di non poter prevedere tutto: è questo il difetto necessario,
le défaut qu’il faut, in parole di Stiegler. Quello di un’angoscia che “apre il
possibile” (Stiegler, 2023, p. 293), che ripete, recuperandola, l’esperienza
epimeteica, la cui coscienza è anche quella di una sorta di “epocalità
esistenziale” (p. 295) come sospensione di tutti i programmi in vigore.
Ascoltare questa dinamica, soermarsi nella sospensione del non sapere, non
è da intendersi come un ritorno a sé, come una chiusura nella propria intimità,
ma come una nuova messa in relazione con il mondo, con l’esterno e la scrittura
(la tecnica per antonomasia) in quanto costitutivi della temporalità, ed è proprio
la comprensione e la ritematizzazione della temporalità generata dalle nuove
forme della scrittura ciò che deve avvenire in questa sospensione. Così, nel
gioco tra caduta ed elevazione, formazione e deformazione del pensiero, sarà
18 Per approfondire il tema delle epoche dei saperi, della loro sospensione e riattivazione, della
perdita e riconquista della ragione al di là della (dis)società automatica, mi permetto di rinviare
a Baranzoni (2022).
77
Baranzoni, S. (2024). Anticipo e ritardo. Le epoche della tecnica nella losoa di
Bernard Stiegler. Cuestiones de Filosofía, 10 (35), 59-80.
https://doi.org/10.19053/uptc.01235095.v10.n35.2024.17135
di nuovo la consapevolezza della mortalità e la hybris tutta umana in quanto
spinta a superare i propri limiti (dunque, di nuovo, la tecnicità) a fornire la
possibilità per rispondere respons-abilmente a questa chiamata.
Evidentemente, tutto ciò è in relazione con la possibilità del sapere, della
sua formazione, deformazione, produzione, riproduzione e trasmissione:
è il campo della losoa. Un campo dove il sapere, come abbiamo visto,
non è eterno ed universale, ma sotto condizioni tecno-logiche (Stiegler,
2012). In questo senso, se la losoa non arriverà a produrre un pensiero
degno del presente, capace di comprendere la tecnica non come strumento
per raggiungere uno scopo, ma come elemento che co-costituisce la realtà
intrecciandosi nei suoi processi di individuazione, allora ne verrà sottomessa,
strumentalizzata, così come è accaduto alla scienza tecnicizzata (o
tecnoscienza), assorbita ed orientata dagli imperativi dello sviluppo tecnico e
di fatto svuotata nel suo senso e modicata nel suo statuto epistemico (2023,
p. 50ss.). Questo non signica però avvocare per una presunta purezza della
losoa, che dovrebbe essere difesa dalle incursioni del suo fuori: è, piuttosto,
un invito ad abbandonare la rincorsa all’immediatezza e alla risposta pronta,
tornando ad essere degna del suo ritardo, ossia anticipandolo proprio grazie
a ciò che tale fuori in-segna.
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